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Servizi di trasporto pubblico: alla guida anche lavoratori extracomunitari

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Servizi di trasporto pubblico: alla guida anche lavoratori extracomunitari

Il D.L.vo n. 40/2014, che entrerà in vigore il prossimo 6 aprile 2014, ha abrogato l’art. 10, 1° comma, dell’Allegato A al R.D. n. 148/1931, Regolamento contenente disposizioni sullo stato giuridicio del personale delle Ferrovie, Tramvie e linee di navigazione inerna in regime di concessione: ciò significa che dal 6 aprile 2014, le aziende di trasporto pubblico potranno assumere direttamente cittadini extracomunitari come conducenti di automezzi.

Finora infatti a norma dell’art. 10, 1° comma, dell’Allegato A del citato R.D. alle aziende di trasporto pubblico non era consentita l’assunzione di personale straniero, poichè “per l’ammissione al servizio in prova è necessario esere cittadino dello Stato italiano“.

L’emanazione del citato Decreto avviene per l’attuazione della Direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro.

Tale apertura rientra nell’ambito delle attività preordinate alla realizzazione del processo di integrazione, laddove per integrazione si intende quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione Italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società.

Tale abrogazione fa seguito ad alcune sentenze della magistratura di merito che avevano rilevato l’incongruità, rispetto alla realtà sociale attuale, del R.D. n. 148/1931, ma anche in ottemperanza al principio di parità di trattamento dei lavoratori.

Probabilmente questo rappresenta il primo passo per l’apertura del mercato del lavoro, anche nel settore pubblico, a cittadini extracomunitari (cui finora resta escluso), verosimilmente sul presupposto che la cittadinanza italiana garantirebbe la fedeltà del dipendente e il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

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