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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 419 del 2019, ha fornito chiarimenti sulla memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, con riferimento ai casi in cui la cessione o prestazione è pagata attraverso buoni pasto. Tale situazione si caratterizza dal fatto che l’esigibilità dell’imposta si verifica al momento del pagamento (rimborso) del buono.

Ecco di seguito la Risposta n. 419/2019 dell’Agenzia delle Entrate.

QUESITO

[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.

L’istante svolge attività di ristorazione con somministrazione in diversi punti vendita ed avendo un volume d’affari superiore a 400.000 euro annui è tenuta, dal 1° luglio 2019, alla memorizzazione elettronica ed alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.

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Poiché l’istante è abilitata alla ricezione di buoni pasto (cartacei ed elettronici), accade con una certa frequenza che «l’utente/consumatore del pasto decida di pagare in parte con il buono pasto e in parte in contanti o altro pagamento elettronico».

In questa eventualità l’«operatore in cassa rilascia uno scontrino fiscale che riporta l’importo totale della consumazione, l’indicazione della quota relativa all’IVA a debito e le due diverse modalità di pagamento ricevute (indicazioni inserite manualmente tramite il registratore dall’operatore in cassa, non essendo i nostri registratori dotati di tecnologia in grado di effettuare la lettura del codice a barre dei buoni pasto)».

I dati vengono poi trasmessi all’Agenzia delle entrate nei termini di legge.

Inoltre, l’istante, con cadenza mensile, «al fine di ottenere il pagamento dei corrispettivi dovuti da parte della Società emettitrice di buoni pasto, […] emette regolare fattura (elettronica) riepilogativa, ai sensi dell’art. 21 del dpr 26/10/72 n. 633 e successive modificazioni».

Alla luce di quanto sopra, «con riferimento alle stesse operazioni imponibili, la Società emette quindi due distinti documenti fiscali (scontrino fiscale rilasciato a ciascun Cliente e fattura elettronica emessa mensilmente nei confronti dell’Emettitore di buoni pasto), entrambi con IVA a debito, che vengono trasmessi ed elaborati dall’Agenzia delle Entrate», mentre «al momento della redazione della liquidazione periodica IVA e con riferimento ai pagamenti ricevuti tramite ticket (e solo per tale quota) – al fine di evitare duplicazioni – liquida l’IVA a debito una sola volta».

Temendo una incongruenza tra i dati comunicati e quelli in possesso all’Agenzia delle entrate, «alla quale risulterà sempre un’IVA dovuta superiore a quella dichiarata», l’istante chiede conferma in merito alla correttezza della procedura esposta.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

Per il quesito posto, l’istante non formula alcuna soluzione interpretativa.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Secondo quanto ricordato in precedenti occasioni (cfr., ad esempio, la circolare n. 15/E del 29 giugno 2019 e risposte pubblicate sul sito istituzionale della scrivente, sezione “Risposte alle istanze di interpello e consulenza giuridica”,

all’indirizzo internet:

https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Normativa+e+Prassi/Rispost e+agli+interpelli/?page=normativa),

i dati dei corrispettivi derivanti dalle operazioni di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) – tra cui rientrano «le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi» (cfr. il comma 1, n. 2) – sono oggetto di memorizzazione elettronica ed invio telematico all’Agenzia delle entrate ex articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 127 del 2015.

L’obbligo, fatte salve le eccezioni legislativamente previste – laddove l’operazione venga documentata con fattura ovvero si ricada in una delle ipotesi individuate nel decreto ministeriale del 10 maggio 2019 (“Specifici esoneri, in ragione della tipologia di attività esercitata, dagli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi”) – decorre dal 1° gennaio 2020 per la generalità dei contribuenti, ma è anticipato al 1° luglio 2019 per coloro che, nel 2018, hanno dichiarato un volume d’affari superiore a 400.000 euro annui.

Le disposizioni richiamate non sono intervenute sulle modalità di pagamento dei corrispettivi, né sui documenti di legittimazione atti a consentire le varie cessioni/prestazioni, rimanendo pienamente validi quelli vigenti in precedenza, tra i quali figura il c.d. “buono pasto” o “ticket restaurant” di cui al decreto ministeriale 7 giugno 2017, n. 122 ovvero «il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all’articolo 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione» [così l’articolo 2, lettera c), del decreto].

In merito, resta peraltro esclusa l’applicazione di successivi interventi normativi, tra cui, in particolare, il decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 141 [“Attuazione della direttiva (UE) 2016/1065 del Consiglio, del 27 giugno 2016, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il trattamento dei buoni- corrispettivo”], in quanto: «i buoni pasto, quali buoni-corrispettivo monouso, continuano ad essere assoggettati alla disciplina IVA prevista per le prestazioni di servizi sostitutivi di mense aziendali» (così la relazione illustrativa al decreto legislativo).

La disciplina appena richiamata comporta che la somministrazione di alimenti e bevande (prestazione di servizi), resa al cliente titolare del buono pasto in ragione della sua presentazione, viene poi remunerata dalla società emittente il buono – al netto degli sconti praticati (cfr. già la risoluzione n. 49 del 3 aprile 1996) – con la cadenza contrattualmente fissata (si veda l’articolo 5 del d.m. n. 122 del 2017).

Al momento del pagamento (rimborso del buono) si verifica, quindi, l’esigibilità dell’imposta (cfr. l’articolo 6 del decreto IVA) – salva emissione anticipata della fattura che documenta l’operazione – e la necessità di farla concorrere nella liquidazione di tale periodo.

Ciò non significa, tuttavia, come già chiarito in riferimento agli scontrini fiscali, che, completata la prestazione nei confronti del cliente, alla ricezione del buono pasto legittimante la stessa, il prestatore non emette alcun documento.

Infatti, «il pagamento del corrispettivo non assume rilevanza esclusiva al fini dell’obbligo del rilascio dello scontrino, sia per le cessioni di beni che per le prestazioni di servizi. Invero per le cessioni di beni, attesa la coincidenza tra il momento del rilascio dello scontrino fiscale e quello di effettuazione dell’operazione, è irrilevante il mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo, per cui sorge l’obbligo del rilascio dello scontrino fiscale in presenza della consegna o spedizione dei beni o di fatturazione. E tale obbligo sussiste, in mancanza di una espressa deroga legislativa, anche nelle ipotesi di consegna o spedizione dei beni senza pagamento del corrispettivo, in dipendenza delle cessioni indicate nell’ultimo comma del citato art. 6; naturalmente, qualora il cedente intenda avvalersi della possibilità di annotare l’operazione in relazione al momento del pagamento, lo scontrino dovrà contenere anche in codice, l’annotazione “corrispettivo non pagato”. Analogo criterio va seguito anche per somministrazioni di alimenti e bevande all’atto della ultimazione della prestazione senza pagamento del corrispettivo, significando tuttavia che all’atto del pagamento dovrà essere rilasciato il relativo scontrino fiscale» [così la circolare 10 giugno 1983, n. 60, punto C)].

La precisazione, tutt’ora valida per chi non è tenuto alla memorizzazione elettronica ed alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi in base all’articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 127 del 2015 – al netto di quanto previsto dall’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, secondo cui «Il rilascio dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale non è obbligatorio nell’ipotesi in cui per la stessa operazione sia emessa la fattura di cui all’articolo 21, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633», ma tali strumenti (scontrino e ricevuta fiscali), «possono essere utilizzati come documenti idonei ai fini dell’osservanza della disposizione contenuta nell’articolo 21, comma 4, terzo periodo, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» – lo è, invero, anche per coloro che ricadono in tale obbligo.

Va ribadito, infatti, che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 182017 del 28 ottobre 2016 – attuativo dell’articolo 2, comma 4, del d.lgs. n. 127 del 2015 – modificato dal provvedimento prot. n. 99297 del 18 aprile 2019, è stata disciplinata la “Definizione delle informazioni da trasmettere, delle regole tecniche, degli strumenti tecnologici e dei termini per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri da parte dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo del 5 agosto 2015 n. 127”.

In tale sede è stato definito, per assicurare la necessaria ed inderogabile uniformità, il “Layout del documento commerciale”, il quale prevede, tra le diverse voci, anche il “non riscosso”, ossia l’indicazione di quella parte di corrispettivo che non viene versato (tramite contanti o strumenti elettronici) e che confluisce:

– nella memoria permanente dei registratori telematici, denominata “dispositivo- giornale di fondo elettronico” o “DGFE” (si veda l’omonimo allegato, “TRACCIATO DGFE-MEMORIA FISCALE” alle specifiche tecniche);

– nelle informazioni da trasmettere telematicamente come riportate nell’allegato alle specifiche tecniche unite al provvedimento citato, denominato “TIPI DATI PER I CORRISPETTIVI”.

Ivi, in particolare, nei “DatiRT” (blocco obbligatorio per i dati contabili-fiscali provenienti dai registratori telematici) alla voce “4.1.4” “Ammontare”, si specifica che «Tale importo è comprensivo dei corrispettivi non riscossi e di quelli per i quali il pagamento è stato effettuato mediante ticket restaurant mentre non comprende i corrispettivi derivanti dalle fatture emesse (tramite RT). Si precisa, altresì, che in tale campo deve essere inserito l’ammontare delle vendite, senza sottrarre l’ammontare dei resi e degli annulli».

L’indicazione in parola trova peraltro riscontro anche nelle stesse specifiche tecniche, laddove (cfr. paragrafo 2.1) si evidenzia che «Nel caso di corrispettivi non riscossi ma per i quali il cliente ha fornito il controvalore in buoni pasto, nel documento commerciale si può riportare, a titolo puramente figurativo, l’aliquota IVA propria di ciascun prodotto, sebbene tale IVA non rappresenti l’imposta effettiva sulla singola transazione ma sarà meramente figurativa (nel caso di buono pasto, trattandosi di servizio sostitutivo di mensa, si applica l’aliquota propria della somministrazione di alimenti bevande). Nel tracciato “Allegato – Tipi Dati per i Corrispettivi” i valori dei corrispettivi non riscossi sono inglobati nel valore complessivo dei corrispettivi, distinti per aliquota».

A fronte della successiva fattura, ex articolo 21 del decreto IVA, volta a documentare nei confronti delle società di emissione dei buoni pasto l’avvenuta prestazione e l’incasso dei corrispettivi inizialmente non riscossi, la procedura – che non si discosta da quanto già in essere prima dell’avvento dei registratori telematici – potrebbe far sorgere il dubbio di una duplicazione del debito IVA.
Tale dubbio non sussiste, considerato che, come sopra accennato, la prestazione

si considera effettuata al momento del pagamento effettivo (rimborso dei buoni pasto) o, al più, se precedente, al momento di emissione della relativa fattura, dovendo partecipare alla sola liquidazione (con cadenza mensile o trimestrale) dell’imposta propria di quel momento.

Il principio richiamato sarà tenuto presente in caso di disallineamento tra i dati trasmessi telematicamente e l’imposta liquidata periodicamente.

(Fonte: Agenzia delle Entrate)

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