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Niente NASPI durante i periodi di inattività per i detenuti dipendenti dell’amministrazione penitenziaria che svolgano attività retribuita all’interno, la ha stabilito l’INPS, con il Messaggio n. 909 del 2019.

Ecco quanto si legge nel messaggio 909/2019.

Con il presente messaggio si forniscono, anche alla luce della normativa di riferimento e della giurisprudenza di legittimità, nonché dei pareri forniti dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della Giustizia, chiarimenti in ordine all’erogabilità della prestazione di disoccupazione nei confronti del detenuto impegnato in attività di lavoro presso l’Istituto penitenziario ove si trova ristretto.

 L’articolo 20 – come sostituito dall’articolo 2 del D.lgs 2 ottobre 2018, n. 124 – della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, stabilisce ai commi 1 e 2, rispettivamente, che negli Istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale e che il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.

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 Il successivo comma 13 dispone, inoltre, che la durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e sono garantiti il riposo festivo, il riposo annuale retribuito e la tutela assicurativa e previdenziale.

 La Corte di Cassazione – I sezione penale, con la decisione n. 18505 del 3 maggio 2006, si è pronunciata sui diritti dei detenuti che svolgono attività lavorativa alle dipendenze dell’Istituto penitenziario affermando che “l’attività lavorativa svolta dal detenuto all’interno dell’Istituto penitenziario ed al medesimo assegnata dalla Direzione del carcere non è equiparabile alle prestazioni di lavoro svolte al di fuori dell’ambito carcerario e, comunque, alle dipendenze di datori di lavoro diversi dall’Amministrazione penitenziaria. Detta attività, infatti, ha caratteri del tutto peculiari per la sua precipua funzione rieducativa e di reinserimento sociale e per tale motivo prevede la predisposizione di graduatoria per l’ammissione al lavoro ed è soggetta a turni di rotazione ed avvicendamento che non possono essere assimilati a periodi di licenziamento che, in quanto tali, danno diritto all’indennità di disoccupazione”.

 Ciò premesso, ai soggetti detenuti in Istituti penitenziari, che svolgano attività lavorativa retribuita all’interno della struttura ed alle dipendenze della stessa, non può essere riconosciuta la prestazione di disoccupazione in occasione dei periodi di inattività in cui essi vengano a trovarsi. È fatto salvo, invece, il diritto dei medesimi soggetti detenuti presso Istituti penitenziari alla indennità di disoccupazione da licenziamento nel caso in cui il rapporto di lavoro si sia svolto con datori di lavoro diversi dall’Amministrazione penitenziaria. Sul piano contributivo, tuttavia, gli Istituti penitenziari sono comunque tenuti al versamento della contribuzione contro la disoccupazione per i detenuti che svolgono attività alle loro dipendenze. Sotto il profilo assicurativo, detta contribuzione sarà utile – nel caso di cessazione involontaria da un rapporto di lavoro con datori di lavoro diversi dall’Istituto penitenziario – ai fini della prestazione di disoccupazione NASpI, qualora rientrante nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

 Si rammenta infine che, secondo quanto disposto dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56, i detenuti che già godevano del diritto all’indennità di disoccupazione prima che iniziasse lo stato di detenzione continuano ad averne diritto anche durante il periodo di detenzione, salvi i casi di revoca giudiziale della prestazione.

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