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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 4670 del 2019, ha affrontato il tema del licenziamento di un dipendente che invece di impiegare i permessi di cui alla Legge 104 per assistere un familiare malato li impiegava per svolgere attività personali, confermando così “come una simile condotta sia idonea a ledere definitivamente il vincolo fiduciario indispensabile alla prosecuzione del rapporto di lavoro” (dal Sole 24 Ore del 1.3.2018).

E sul punto la Corte non ha ritenuto fondante l’obiezione sollevata dal lavoratore circa l’illegittimità del licenziamento dovuta alla circostanza che il datore di lavoro sia venuto a conoscenza dell’illecito comportamento grazie alle indagini svolte da un investigatore privato.

Ad avviso della Corte Suprema, infatti, i controlli, demandati dal datore di lavoro ad agenzie investigative, riguardanti l’attività lavorativa del prestatore svolta anche al di fuori dei locali aziendali, non sono preclusi ai sensi degli artt. 2 e 3 st. lav., laddove non riguardino l’adempimento della prestazione lavorativa, ma siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo. È stato precisato che le dette agenzie per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro o ai suoi collaboratori, restando giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione. Né a ciò ostano sia il principio di buona fede sia il divieto di cui all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, ben potendo il datore di lavoro decidere autonomamente come e quando compiere il controllo, anche occulto, ed essendo il prestatore d’opera tenuto ad operare diligentemente per tutto il corso del rapporto di lavoro. È stato in particolare ritenuto legittimo tale controllo durante i periodi di sospensione del rapporto al fine di consentire al datore di lavoro di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore, che, pur estranei allo svolgimento dell’attività lavorativa, siano rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, che permane nonostante la sospensione.

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