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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 4224 del 2019, ha reso il seguente principio di diritto: “La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine non è sufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso”.

Questi i fatti di causa.

La (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso in questa sede, con due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte territoriale di Catanzaro depositata il 5.6.2012, con la quale era stato rigettato l’appello proposto dalla medesima societa’, nei confronti di (OMISSIS), avverso la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme che, in accoglimento della domanda della lavoratrice, aveva dichiarato la nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti il 16.10.2006, ed accertato la sussistenza, tra le stesse, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 15.7.2007, con diritto della ricorrente ad essere riammessa nel posto di lavoro e nelle mansioni da ultimo espletate e con condanna della convenuta al pagamento, in favore della prima, delle retribuzioni dovute dal 12.5.2008 sino alla pronunzia di primo grado, oltre accessori e spese di lite. La lavoratrice ha resistito con controricorso.

La Corte Suprema accoglieva il secondo motivo, rigettava il primo e rinviava alla Corte di Appello di Reggio Calabria per il resto.

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La Corte Suprema, in particolare, ha ribadito che “affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle stesse parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, è di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, mentre grava sul datore di lavoro, che eccepisca tale risoluzione, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre fine ad ogni rapporto di lavoro”.

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