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La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 28151 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto relativamente alla dirigenza sanitaria: “il mancato rispetto del termine massimo previsto per la sostituzione di un dirigente di struttura complessa non dà comunque diritto all’intero trattamento economico”.

Vediamo insieme i fatti di causa.

La Corte di appello di Salerno ha rigettato l’appello proposto dal dott. … avverso la sentenza che aveva respinto la domanda dallo stesso proposta nei confronti della ASL di …, avente oggetto il pagamento delle differenze retributive rivendicate per lo svolgimento di mansioni di incarico sostitutivo di responsabile di struttura complessa (Radiologia del Presidio Ospedaliero di …) a partire dal 1° giugno 2005.

Al dott. … erano stati corrisposti gli importi che la contrattazione collettiva di comparto prevede per lo svolgimento di attività dirigenziale sostitutiva prestata in via temporanea e provvisoria.

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La Corte territoriale ha ritenuto non fondata la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni.

Le voci contrattuali delle quali l’appellato aveva chiesto l’applicazione sono previste solo in favore di dirigenti di secondo livello assunti con le previste procedure selettive per il conferimento di incarico di responsabile di struttura complessa e sottoposti al relativo regime di responsabilità e verifiche.

Non è invocabile l’art. 36 Cost., da legge in combinato disposto con l’art. 52, comma 4, D.Lgs. n. 165/01 e con l’art. 2126 c.c. in quanto, anche alla luce delle precedenti nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 24373/2008), ove la pretesa sia avanzata da un dirigente (e non da un funzionario chiamato a svolgere mansioni dirigenziali) non è applicabile l’art. 52 citato, bensì l’art. 19 del medesimo decreto legislativo. Il D.Lgs. n. 502/1992 (riordino della dirigenza sanitaria) all’art. 15, comma 5, prevede che il dirigente preposto ad una struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della struttura stessa e che alle predette mansioni superiori non si applica l’art. 2103 c.c. Il D.Lgs. n. 165/01, a sua volta, all’art. 24, prevede che la retribuzione del personale con qualifica dirigenziale è determinato dai contratti collettivi per le aree dirigenziali e che il trattamento economico così determinato remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal medesimo decreto. In tale contesto, il trattamento economico è quello previsto dalla contrattazione collettiva, ivi compreso trattamento accessorio spettante in caso di conferimento temporaneo di mansioni diverse.

La sentenza n. 4690 del 2012 della Corte di cassazione ha pure ribadito che la retribuzione di posizione, in quanto collegata al valore dell’incarico svolto, soddisfa adeguatamente le previsioni di cui all’art. 36 Cost. In conclusione, esclusa l’applicabilità dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001, norma non applicabile alla dirigenza medica, va ritenuto infondato l’assunto di una retribuzione non adeguata ai sensi dell’art. 36 Cost.

Né a diversa conclusione può pervenirsi in considerazione della circostanza che l’incarico si sia protratto oltre il “fisiologico”, ma ben poco realistico, termine di sostituzione originariamente previsto dal CCNL, giacché il contratto non prevede in tale caso le spettanze invocate dall’appellato. Il dirigente aveva ricevuto l’indennità di cui all’articolo 18 CCNL, nonché di seguito una retribuzione di posizione per sua natura commisurata al lavoro effettivamente svolto e quindi un trattamento economico superiore a quello che avrebbe percepito ove fosse stato tempestivamente selezionato il titolare ovvero fosse stata adottata una valutazione dell’incarico; aveva altresì maturato un’esperienza professionale utilmente spendibile per il formale conferimento dell’incarico rispetto ad altri, senza essere soggetto alla particolare disciplina relativa al conferimento di incarichi dirigenziali di struttura complessa.

Ben più ampia – ed inaccettabile – divaricazione della disciplina vigente in materia si avrebbe, del resto, ove si consentisse, come in sostanza l’appellato pretenderebbe, l’occupazione per anni di un posto di responsabile di struttura complessa senza selezione pubblica aperta ad esterni e senza i più stringenti vincoli che in punto di responsabilità sono previsti per il titolare così prescelto.

Non è ravvisabile un’ipotesi di indebito arricchimento da parte dell’Azienda ospedaliera, posto che l’azione ex art. 2041 c.c. può essere spiegata solo ove vi sia stato l’arricchimento di un soggetto con corrispondente diminuzione patrimoniale di un altro soggetto, mancante di causa giustificatrice, ed allorché il danneggiato non possa proporre altra azione (art. 2042 c.c.). Nel caso di specie, il dirigente aveva a disposizione le azioni (svolte in via principale) previste per le parti di un contratto di lavoro, con conseguente improponibilità dell’azione per mancanza del requisito della sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il dott. …. che veniva però rigettato dalla Suprema Corte con il principio di diritto sopra esposto.

Infatti, ad avviso della Corte, la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del CCNL dirigenza medica e veterinaria dell’8.6.2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituto ma solo la prevista indennità c.d. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.

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