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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 6157 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto: “Nel lavoro subordinato privato la tassatività e la tipicità delle cause di estinzione del rapporto escludono risoluzioni automatiche al compimento di determinate età o con il raggiungimento dei requisiti pensionistici” (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 15.3.08).

Vediamo insieme i fatti di causa.

La Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda proposta da … nei confronti di … spa tesa ad ottenere – previa eventuale declaratoria della illegittimità del licenziamento intimato al … prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età – l’accertamento del suo diritto ad un periodo di dieci mesi di preavviso lavorato, ai sensi dell’art. 140 ccnl del settore assicurativo, e, conseguentemente, la condanna della società convenuta al pagamento della somma di € 33.338,02 oltre accessori dovuti per legge.

La Corte territoriale ha ritenuto che l’appello, pur ammissibile, era tuttavia infondato atteso che il licenziamento era stato intimato dalla società appellata in ragione dell’avvenuto compimento da parte del lavoratore del sessantacinquesimo anno di età. Che dunque non vi erano ostacoli a che il preavviso, purché congruo, si svolgesse durante l’ultimo periodo di lavoro, pur se assistito da stabilità reale. Sostiene inoltre la Corte che nulla spettava all’appellante a titolo di preavviso poiché al pari del caso in cui sia esercitata l’opzione ai sensi dell’art. 6 della legge n. 54 del 1982, una volta raggiunto il sessantacinquesimo anno il rapporto si risolve senza obblighi di preavviso. Peraltro, nel caso in esame, la società aveva autorizzato la proroga del rapporto oltre la data di compimento del sessantacinquesimo anno di età per consentire al lavoratore di approssimarsi alla fine pensionistica.

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Per la cassazione della sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore che è stato rigettato dalla Corte Suprema con la sentenza 6157/2018.

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