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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 4358 del 2018, ha stabilito che nel contratto a tempo determinato “non si può far coincidere il danno con la mancata conversione” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 23.2.2018).

Vediamo insieme i fatti di causa.

La Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, in riforma della sentenza del Tribunale di Tempio Pausania che aveva parzialmente accolto il ricorso, ha respinto del domande proposte da … il quale, nel convenire in giudizio la … S.p.A., aveva domandato: la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato decorrente dall’8.7.2010; l’accertamento della sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato a far tempo dalla stessa data o dal 25 ottobre 2010; la condanna della società alla riammissione del lavoratore nel posto di lavoro in precedenza occupato ed al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni maturate dalla cessazione del rapporto o in subordine all’indennità prevista dall’art. 32 della L.n. 183/2010.

La Corte territoriale ha condiviso la sentenza impugnata quanto alla ritenuta illegittimità della clausola di durata ed ha evidenziato che la stessa mancava della necessaria specificità perché il datore di lavoro si era limitato ad un generico richiamo a tutte le ragioni che in astratto consentono il ricorso al tipo contrattuale, senza fornire alcuna specificazione relativa all’ambito territoriale, al numero dei lavoratori da sostituire, alle mansioni, al luogo della prestazione.

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Il giudice di appello ha, però, escluso che potesse essere disposta l’invocata conversione del contratto impedita, pur nell’inapplicabilità dell’art. 23 della L.R. Sardegna n. 16/1974, dall’art. 8 del D.L. n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008, con il quale il legislatore ha imposto alle società a totale partecipazione pubblica di adottare metodi di reclutamento del personale rispettosi dei criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

La Corte territoriale ha anche respinto la domanda di risarcimento del danno, perché dello stesso non era stata fornita prova dal lavoratore, il quale non poteva neppure invocare l’applicazione dell’art. 32 della L.n. 183/2010.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, proponeva appello il lavoratore che veniva però rigettato dalla Corte Suprema.

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