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La Corte Suprema di Cassazione, con la Sentenza 3315 del 2018, ha stabilito che è legittimo il licenziamento del dipendente esaurito che, per tirarsi su il morale, effettua 8mila euro di telefonate con il cellulare aziendale e quindi con spesa a carico del datore di lavoro.

Vediamo nel dettaglio la vicenda del dipendente esaurito chiacchierone con l’articolo pubblicato oggi (13 febbraio 2018, dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore (Firma: G. Piagnerelli; Titolo: “Licenziabile il dipendente depresso che per tirarsi su fa telefonate per 8mila euro”) che di seguito si riporta.

Licenziamento legittimo per il dipendente che utilizza il cellulare in modo smodato facendo lievitare la bolletta a carico del datore per un importo prossimo agli 8mila euro. E a poco serve giustificarsi che la condotta era legata a un esaurimento nervoso. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 3315/18.

La vicenda – La Corte si è trovata alle prese con un dipendente che, trattenendosi sul posto di lavoro oltre l’orario consentito ed entrando prima del normale ingresso, trascorreva molto tempo con l’apparecchio all’orecchio. Il tutto – a suo dire – perché si sentiva giù di morale e quindi in cerca di una voce amica che potesse tirarlo su o confortarlo in qualche modo. Ma già la Corte d’appello aveva evidenziato che il lavoratore avrebbe potuto sottoporsi a cure appropriate, invece, di utilizzare uno strumento aziendale con relativo addebito economico sul datore. Il dipendente dalla sua aveva eccepito come un precedente di Cassazione avesse legittimato o comunque non avesse censurato con il licenziamento un lavoratore che con il telefono aziendale aveva all’attivo 13mila sms. In secondo luogo, poi, aveva rilevato come in passato avesse subito del mobbing. Censure entrambe bocciate dalla Cassazione. I Supremi giudici hanno rilevato che il giudice di merito non fosse affatto tenuto ad allinearsi a una decisione di legittimità in caso di situazione differente oppure applicando alla vicenda altri criteri valutativi. Sul fronte, invece, delle condotte vessatorie la decisione sottolinea come si trattasse di episodi molto risalenti nel tempo e che non erano stati eccepiti nella fase di merito e pertanto non censurabili per la prima volta in Cassazione.

Conclusioni – Viene puntualizzato come la Corte d’appello, sia pure sinteticamente, aveva anche aggiunto che pur nell’ipotesi in cui il dipendente fosse stato affetto da depressione, nulla gli avrebbe impedito di ricorrere alle cure del caso e cioè che “anche in una situazione di particolare fragilità psichica non sono accettabili i comportamenti contestati e cioè l’indebito uso di mezzi aziendali come il telefono per fini propri e con grave danno economico al datore di lavoro, la cui contrarietà alla correttezza e buona fede è intuitiva”. Sul punto – rileva la Corte – non c’è stata alcuna impugnazione e quindi l’appello va respinto e considerata legittima la misura del licenziamento.

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