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Macchinario non a norma, possibile la vendita e l’esposizione:

La Commissione interpelli in materia di salute e sicurezza sul Lavoro, con Interpello 1 del 2017, ha risposto ad un quesito avanzato dal Friuli Venezia Giulia concernente la vendita di un macchinario privo delle necessarie condizioni di sicurezza.

In particolare il quesito era così formulato.

La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha proposto istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione per gli interpelli, di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, in merito all’ambito di applicazione dell’articolo 23 del d.lgs. n. 81/2008, in particolare chiedendo se “[…] alla luce di una recente sentenza della Cassazione Penale, Sez. 3, 01 ottobre 2013, n. 40590 – Vendita di un macchinario privo delle necessarie condizioni di sicurezza: se è ceduto per essere riparato non c’è violazione […] l’atto di vendita/trasferimento di proprietà ai fini della messa a norma dell’attrezzatura di lavoro, dispositivo di protezione individuale o impianto, non configuri una violazione del precetto normativo di cui sopra limitatamente alle vendite in cui l’acquirente è un rivenditore di tale tipologia di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti, ovvero un soggetto che si occupa di revisione e messa a norma degli stessi.
Si chiede sia precisato inoltre se la vendita di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, possa ritenersi legittima nel caso nel disposto contrattuale di vendita, noleggio o concessione sia prevista, da parte dell’acquirente, la messa a norma delle stesse prima del loro utilizzo.
Si chiede altresì venga precisato se l’esposizione ai fini della vendita, noleggio o concessione in uso delle attrezzature, dei dispositivi e degli impianti di cui sopra, in spazi commerciali, compresi spazi all’aperto e fiere, nel caso gli stessi (attrezzature/dispositivi/impianti) non siano rispondenti alle disposizioni normative sulla sicurezza sul lavoro, costituisca violazione al succitato articolo, indipendentemente dal perfezionamento dell’atto di trasferimento, sotto tutte le forme indicate, anche temporanee, del bene, salvo restando la possibilità di esporre limitate parti degli stessi, non potenzialmente funzionanti se non completate dalle parti indispensabili a soddisfare la normativa vigente sulla sicurezza sul lavoro”.

La Commissione così rispondeva.

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Occorre preliminarmente ricordare che l’articolo 23, comma 1, del citato d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che “[…] sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione”.

Coerentemente a tale divieto il successivo articolo 72 del medesimo decreto legislativo stabilisce che “Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio al di fuori della disciplina di cui all’articolo 70, comma 1, attesta, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V”.

Gli articoli 23 e 72 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, nel vietare la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti non conformi alla normativa tecnica, intendono perseguire la finalità di anticipare la tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, garantendo l’utilizzo unicamente di quei beni conformi ab origine ovvero di quelli preventivamente adeguati alla normativa.

La giurisprudenza in materia (Cassazione penale, sez. III, n. 40590 del 3 maggio 2013) ha affermato come il divieto posto dall’articolo 23 sopra richiamato possa subire “[…] un qualche temperamento in chiave derogatoria laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma.”

In particolare, nella pronuncia innanzi richiamata si afferma che sulla base di “[…] un principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico generale […] fermo restando che è vietato l’impiego di macchinari non a norma con la conseguenza che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la conseguenzialità e normalità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo, nell’ottica del passaggio del prodotto industriale alla fase economica successiva (utilizzo), laddove quest’ultimo passaggio non vi sia (come nel caso dello stazionamento del macchinario presso una ditta specializzata esclusivamente nella riparazione per la messa a norma con compiti ben specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il venditore all’origine), non può ritenersi vietata la vendita di un macchinario in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di utilizzazione.”

Infine, la Commissione così concludeva.

Sulla base di tali elementi la Commissione ritiene che la circolazione di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale ovvero di impianti non conformi, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio ovvero riparatorio per la messa a norma, così come la mera esposizione al pubblico, non ricadono nell’ambito di applicazione delle citate disposizioni normative, in considerazione della relativa ratio legis.

(Fonte: Ministero del Lavoro)

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