Advertisement

Affitto ramo d’azienda e Fondo di Integrazione Salariale:

Il Ministero del Lavoro, con interpello n. 3 del 2017, ha risposto ad un quesito avanzato dall’ANISA – Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio sulla possibilità di consentire, nell’attuale quadro normativo, che in caso di operazioni societario di affitto di ramo d’azienda, laddove sia fatta richiesta di accesso alle prestazione erogate dal FIS (Fondo di Integrazione Salariale) da parte della impresa cessionaria, via sia il riconoscimento della contribuzione già versata dall’impresa cedente.

Ciò in analogia con quanto avviene con riguardo al requisito dell’anzianità lavorativa, in tutti i casi di trasferimento di ramo d’azienda – cui per costante interpretazione giurisprudenziale è assimilato l’affitto di ramo d’azienda – e accesso agli ammortizzatori sociali da parte dell’azienda cessionaria, nel rispetto del principio generale dettato dall’articolo 2112 c.c. volto a garantire il mantenimento dei diritti dei lavoratori.

Il Ministero ha così risposto al quesito.

Il Fondo è rivolto a quei datori di lavoro che occupino più di 5 dipendenti appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS e della CIGO, e che non abbiano costituito fondi di solidarietà bilaterali o fondi di solidarietà alternativi. L’articolo 1 del decreto legislativo citato, stabilisce in via di principio che, per poter beneficiare dell’integrazione salariale, i lavoratori siano in possesso – alla data di presentazione della domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale – di un’anzianità di almeno 90 giorni di effettivo lavoro presso l’unità produttiva per la quale è stata presentata la domanda. Le modalità operative di funzionamento del Fondo di integrazione salariale sono dettate, in modo specifico, dal decreto interministeriale n. 94343 del 3 febbraio 2016 di adeguamento della disciplina del Fondo di solidarietà residuale alle disposizioni del decreto legislativo n. 148 del 2015, nonché dalla circolare INPS n. 176 del 9 settembre 2016. In particolare quest’ultima, in ordine ai requisiti che devono possedere i destinatari del Fondo, al punto 3 precisa che: “In caso di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. ai fini della verifica della sussistenza del requisito dell’anzianità di effettivo lavoro dei 90 giorni, si terrà conto anche del periodo trascorso presso l’imprenditore alienante.”

Advertisement

Il Fondo in questione, non dotato di personalità giuridica, costituisce una gestione speciale dell’INPS, è gestito da un apposito Comitato amministratore (di cui all’articolo 36 del più volte citato decreto legislativo n. 148), che ha tra gli altri il potere di deliberare in ordine alla concessione dei trattamenti e degli interventi, ed è altresì soggetto, come tutti i fondi di solidarietà di cui agli articoli 26, 27 e 28, all’obbligo del bilancio in pareggio non potendo erogare prestazioni in carenza di disponibilità, in base a quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 148 del 2015. Inoltre l’articolo 29, comma 4, del decreto legislativo citato prevede il cosiddetto tetto aziendale, inteso quale meccanismo secondo cui ciascun datore di lavoro può accedere alla prestazioni in proporzione alla contribuzione dovuta in un determinato arco temporale. Tale articolo stabilisce che “[…] le prestazioni sono determinate in misura non superiore a 4 volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal medesimo datore di lavoro, tenuto conto delle prestazioni già deliberate a qualunque titolo in favore dello stesso”. L’interpretazione più coerente con la logica dell’impianto normativo introdotto dal decreto legislativo n. 148 del 2015 induce a ritenere che le prestazioni già deliberate a qualunque titolo a favore del singolo datore di lavoro e che devono essere scomputate dal c.d. tetto aziendale siano quelle fruite dal medesimo datore di lavoro nel biennio mobile. In proposito l’INPS, cui è demandata la gestione del Fondo di integrazione salariale, con il messaggio operativo n. 3617 pubblicato in data 20 settembre 2017, volto a chiarire appunto i criteri di determinazione del c.d. tetto aziendale ai fini dell’erogazione del Fondo ha specificato che, in caso di aziende interessate da operazioni societarie, la contribuzione dell’azienda cedente per i lavoratori transitati nell’azienda cessionaria è computata ai fini del tetto aziendale esclusivamente nelle ipotesi di fusioni/incorporazioni totali, ossia nelle ipotesi in cui l’azienda istante abbia acquisito la totalità dei lavoratori dell’azienda cedente. Qualora invece si tratti di un’operazione societaria nella quale l’azienda di origine resta in essere e trasferisce parte dei suoi dipendenti ad una o più aziende già esistenti o nuove (come, ad esempio, nel caso di scissioni parziali o di cessioni di ramo d’azienda) nel computo del tetto aziendale si tiene conto della sola contribuzione dovuta dall’azienda istante (nonché cessionaria), a nulla rilevando la contribuzione precedentemente dovuta dalle aziende cedenti.

Ciò premesso, quanto al quesito specifico formulato da codesta Associazione e relativo alla possibilità che il Fondo eroghi prestazioni anche in favore dell’azienda cessionaria di lavoratori a seguito di affitto d’azienda, anche sulla base di contributi dovuti da parte dell’azienda cedente, si ritiene che in questo caso nel computo del tetto aziendale si debba tener conto della sola contribuzione dovuta dall’azienda (cessionaria) che richiede la prestazione a carico del F.I.S., a nulla rilevando la contribuzione precedentemente dovuta dall’azienda cedente.

(Fonte: Ministero del Lavoro)

Advertisement