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Formazione iniziale e tirocinio per gli aspiranti professori:

Gli aspiranti professori (vincitori dei nuovi concorsi a cattedra) dovranno sottoscrivere un contratto di formazione iniziale e tirocinio della durata di tre anni (retribuiti con 400 euro i primi due anni e per il terzo come un supplente annuale).

E a parlarci di formazione iniziale degli aspiranti professori ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (19.1.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Claudio Tucci; Titolo: “Formazione e tirocinio di tre anni per i professori”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Si chiama «contratto di formazione iniziale e tirocinio», durerà tre anni (tutti e tre retribuiti, 400 euro i primi due, come un supplente annuale il terzo), e sarà firmato dai vincitori dei nuovi concorsi a cattedra, da bandire «con cadenza biennale».

Durante i tre anni di teoria e “pratica” in classe, l’aspirante professore a tempo pieno, nei primi 12 mesi, dovrà conseguire il diploma di specializzazione per l’insegnamento (o sul sostegno) pari a 60 crediti formativi universitari (Cfu); nei successivi 24 mesi, dopo aver passato esami intermedi, svolto obbligatoriamente il tirocinio e, se richiesto dal preside, anche qualche supplenza pure su posti vacanti e disponibili, conquisterà l’agognato accesso ai «ruoli a tempo indeterminato», superando la valutazione finale dell’intero percorso.

Con l’arrivo in Parlamento di tutti gli otto Dlgs attuativi della legge 107 licenziati, in prima lettura, sabato scorso dal Governo, spuntano ulteriori dettagli tecnici. A cominciare dalla rinnovata «formazione iniziale dei professori» alle scuole medie e superiori. Che debutterà, se tutto andrà liscio, a settembre 2020, ma sarà preceduta da un periodo transitorio piuttosto “ricco”: si annuncia infatti la partenza di un nuovo Tfa (tirocinio formativo attivo) sui posti dove sono terminate le graduatorie a esaurimento (Gae); e spunta, poi, l’immancabile “mini-sanatoria”, con la possibilità, cioè, in attesa del debutto delle nuove regole, di poter bandire selezioni “ridotte e facilitate” per gli attuali precari abilitati e (è una novità dell’ultima ora) anche per i non abilitati inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto, a patto che abbiano svolto almeno 36 mesi di servizio in classe, anche non continuativo.

Novità anche sui requisiti per accedere ai futuri concorsi a cattedra: oltre alla laurea magistrale o a ciclo unico, sono previsti due nuovi “paletti”, l’aver superato esami (per almeno 24 Cfu) in discipline antro-psico-pedagogiche, e il possesso di un’attestazione di competenze linguistiche (minimo livello B2). Verrà richiesta una preparazione ad hoc pure per gli insegnanti di sostegno: la loro “formazione iniziale” prevedrà l’obbligo di 120 Cfu sull’inclusione scolastica (non più 60 come è oggi) per tutti i gradi di istruzione, 60 prima del percorso di specializzazione e 60 durante. Tutti i futuri docenti avranno nel loro percorso di formazione iniziale materie che riguardano le metodologie per l’inclusione e ci sarà una specifica formazione anche per il personale della scuola, Ata compresi.

Nella relazione tecnica si stima che, al netto delle nomine dei vincitori del concorso 2016 (ancora da completare) e dei prof, abilitati e non, che potranno accedere alla fase transitoria, il primo concorso a cattedre con la nuova procedura prevista dal Dlgs potrebbe mettere a bando 20.893 posti, e si stima che si presenteranno alle prove preselettive almeno 193.800 candidati. Numeri che presuppongono che tutto fili lisci fino al 2020; con il rischio, però, se ci saranno intoppi, e con le Gae che difficilmente si esauriranno tra 4 anni, di creare nuovo precariato (a discapito di giovani e meritocrazia).

Passando agli altri Dlgs, da segnare il finanziamento aggiuntivo di 10 milioni, a partire dal 2017, per “rafforzare” il diritto allo studio, con più borse a favore degli iscritti agli ultimi due anni delle scuole superiori, e agevolazioni ad hoc per libri di testo e trasporti.

Oltre agli esami di Stato (si veda «Il Sole 24 Ore» di domenica scorsa e di ieri) a cambiare pelle sarà anche l’istruzione professionale: qui i percorsi rimarranno quinquennali, ma debutterà il 2+3, vale a dire un biennio unico e un successivo triennio unico (oggi, due bienni più uno).

Gli indirizzi passano da 6 a 11, e potranno essere declinati in base alle richieste del territorio, in coerenza con le priorità delle Regioni. Si rafforzano le attività “pratiche”: nel biennio più del 40% delle ore sarà destinato a insegnamenti di indirizzo e attività di laboratorio, ci sarà uno spazio del 10% per apprendimenti personalizzati e alternanza (dal secondo anno del biennio). Il resto delle ore sarà dedicato a insegnamenti generali. Nel triennio, invece, lo spazio per gli insegnamenti di indirizzo sarà superiore (55% per anno).

Presa la qualifica triennale, l’alunno potrà scegliere di proseguire gli studi passando al quarto anno dei percorsi di istruzione professionale o dei percorsi di Iefp regionali e conseguire un diploma professionale tecnico.

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