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Trasferimento di azienda e del personale nel cambio di appalto:

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 24972 del 2016, intervenendo in tema di trasferimento di azienda e dei lavoratori da un datore di lavoro ad un altro in caso di cambio di appalto, ha offerto spunti interessanti circa l’interpretazione della nozione di trasferimento di azienda.

E a parlarcene è l’articolo pubblicato lo scorso 7 dicembre 2016 dal Sole 24 Ore (Firma: Angelo Zambelli; Titolo: “Trasferimento d’azienda solo con complesso di beni”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Il solo trasferimento del personale da un datore di lavoro all’altro in caso di cambio di appalto non costituisce trasferimento d’azienda. La sentenza 24972/2016 depositata ieri della Corte di cassazione offre interessanti aperture per l’interpretazione della nozione di trasferimento d’azienda.

Se, infatti, alcune pronunce hanno dilatato la nozione di trasferimento di azienda fino a comprendervi anche la cessione solo di un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati e organizzati tra loro, la cui autonoma capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know how (Cassazione 5678/2013, 10761/2002), la tradizionale definizione contenuta nell’articolo 2555 del codice civile è ancorata a un dato più materiale, e considera azienda il «complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa».

Nella sentenza depositata ieri la Cassazione afferma che se un’azienda può comprendere anche bene immateriali, «nondimeno è ben difficile che possa ridursi solo ad essi, giacché la stessa nozione di azienda contenuta nell’art. 2555 c.c. evoca pur sempre la necessità anche di beni materiali organizzati tra loro in funzione dell’esercizio dell’impresa (Cassazione 9957/2014), organizzazione di fatto impraticabile in caso di strutture fisiche di trascurabile entità o mancanti del tutto, giacché organizzare significa coordinare tra loro i fattori della produzione (capitale, beni naturali e lavoro) e non uno solo».

Nel caso, quindi, di successione di diversi imprenditori in un contratto di appalto, per l’applicabilità delle tutele previste a favore dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda è necessario che l’assunzione «si accompagni al passaggio di beni di non trascurabile entità e tali da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa».

La mera assunzione dei lavoratori, al contrario, non costituisce trasferimento d’azienda secondo l’articolo 2112 del codice civile, ostandovi innanzitutto l’esplicito disposto dell’articolo 29 comma 3, del Dlgs 276/2003, secondo cui «l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda» (questa la lettera, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica introdotta con l’articolo 30, comma 1, della legge 122/2016).

E l’approdo interpretativo cui giunge la Cassazione appare coerente con la nuova formulazione dell’articolo 29 del Dlgs 276/2003 attualmente vigente, che limita l’esclusione delle tutele dell’articolo 2112 del codice civile ai soli casi in cui l’appaltatore subentrante sia «dotato di propria struttura organizzativa e operativa» e siano altresì riscontrabili «elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa».

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