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Licenziamento per soppressione posizione e ridistribuzione mansioni:

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19185 del 2016 sul licenziamento per soppressione del posto di lavoro, ha stabilito che il giustificato motivo oggettivo di licenziamento è ravvisabile anche nella soppressione d’una posizione lavorativa derivante da una diversa ripartizione di date mansioni fra il personale in servizio, attuata ai fini di più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che, invece di essere assegnate ad un solo dipendente, certe mansioni possono essere suddivise tra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate: il risultato finale può far emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente. Lo stesso si dica quando le mansioni di più lavoratori siano suddivise fra un numero più ridotto di dipendenti. In entrambi i casi v’è, alla base, quella riorganizzazione tecnico-produttiva che integra il nucleo irriducibile del concetto di giustificato motivo oggettivi di cui all’art. 3 L.n. 604/66.

E di licenziamento per soppressione di una posizione lavorativa ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (29.9.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Sì a mansioni ripartite post-licenziamento”).

Ecco l’articolo.

La decisione datoriale di addivenire a una diversa ripartizione delle mansioni del dipendente licenziato tra gli altri lavoratori rimasti in servizio, laddove attuata al fine di una più economica ed efficiente gestione aziendale, costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento.

La Corte di cassazione ha confermato questo principio con la sentenza 19185/16m depositata ieri, nella quale è stato osservato che rientra nel legittimo esercizio dei poteri di impresa la suddivisione tra più lavoratori delle attribuzioni ricoperte da un solo dipendente, nei cui confronti può, dunque, essere validamente intimato il licenziamento per soppressione del relativo posto di lavoro.

Condizione determinante perché il licenziamento, giustificato con la cancellazione del ruolo aziendale assegnato al dipendente estromesso e la conseguente ridistribuzione delle sue mansioni tra gli altri dipendenti in forza, sia ritenuto valido, risiede nella circostanza che tale iniziativa ricada nell’ambito di un effettivo processo di riorganizzazione aziendale. La Cassazione osserva, a questo proposito, che il riassetto organizzativo, da cui discende la redistribuzione tra gli altri dipendenti delle funzioni proprie di un solo lavoratore, deve essere all’origine dell’intimato licenziamento e non costituirne un mero effetto.

Se la ripartizione tra altri dipendenti delle mansioni del soggetto licenziato costituisse una pura conseguenza del recesso datoriale e non, invece, la ragione fondativa alla base del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro, precisa la Corte di legittimità, risulterebbe pretestuosa la finalità stessa per cui il licenziamento è funzionalmente preordinato ad una più economica ed efficiente organizzazione produttiva.

Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione è relativo al licenziamento intimato da una società attiva nel settore immobiliare sul presupposto della chiusura della sede in cui era adibito il dipendente, le cui mansioni di natura commerciale non erano state soppresse, bensì redistribuite tra i dipendenti di un’altra sede aziendale.

La Corte d’appello di Roma, riformando la decisione del Tribunale, aveva dichiarato il licenziamento illegittimo, ordinando la riassunzione entro 3 giorni del lavoratore o, in difetto, il versamento di un indennizzo pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Secondo la Corte territoriale la soppressione della sede dove era adibito il dipendente non risultava dirimente ai fini della validità dell’intimato licenziamento, in quanto le mansioni del lavoratore risultavano ancora aziendalmente utili, essendo state trasferite ad altri dipendenti.

La Cassazione non condivide tale conclusione e osserva che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può ben consistere nella soppressione di una posizione lavorativa e nella contestuale riassegnazione ad altri lavoratori delle mansioni ad essa pertinenti. La sola condizione che la Corte pone al fine di confermare la legittimità del licenziamento è, in tale contesto, la necessità che il provvedimento espulsivo sia l’esito di una effettiva riorganizzazione tecnico-produttiva attuata per soddisfare una specifica finalità di impresa, la quale può anche consistere nella realizzazione di una gestione economicamente più sostenibile.

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