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Recesso per giusta causa: l’agente ha diritto al risarcimento:

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17539 del 2016, ha stabilito che in caso di recesso per giusta causa, l’agente di commercio ha diritto al risarcimento per il mancato guadagno dovuto alla perdita per il futuro del minimo provvigionale garantito dal contratto individuale.

E a parlarci di recesso per giusta causa e di risarcimento per mancato guadagno spettante all’agente di commercio è anche l’articolo pubblicato oggi (20.9.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Rossana Cassarà e Alessandro Limatola; Titolo: “Provvigione minima con la giusta causa”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Secondo la Corte di cassazione l’agente di commercio che recede per giusta causa, perdendo per il futuro il minimo provvigionale garantito dal contratto individuale, ha diritto a esserne interamente e in misura equivalente risarcito quale mancato guadagno (quasi) certo, in base un giudizio prognostico spettante al giudice del merito, indipendentemente dal volume di provvigioni effettivamente conseguito, anche se inferiore a quello minimo.

Il caso affrontato nella sentenza 17539/2016 riguarda un agente che ha convenuto davanti al giudice la società preponente per far accertare la giusta causa del recesso esercitato in ragione dell’atteggiamento dell’amministratore delegato (mancata consegna del materiale, rifiuto di incontrarlo, incarichi nelle zone più lontane).

Il giudice di primo grado non ha accolto la domanda dell’agente, non ritenendo sussistente la giusta causa, con conseguente condanna al pagamento del preavviso.

Al contrario, la Corte d’appello ha rinvenuto la volontà dell’azienda di estrometterlo, richiamandosi all’interpretazione “elastica” del concetto di giusta causa nel rapporto di agenzia ove il vincolo fiduciario assume maggiore intensità rispetto al lavoro subordinato, essendo sufficiente un fatto di minore gravità (si veda Cassazione 11728/2014). Di conseguenza è stato riconosciuto il diritto alle indennità di cessazione del rapporto.

La Corte territoriale, tuttavia, ha rigettato – ed è questo l’aspetto interessante – la domanda dell’agente al pagamento della somma concordata quale minimo provvigionale annuo dovuto nell’ipotesi in cui, alla scadenza dell’anno, il totale delle provvigioni effettivamente percepite fosse risultato inferiore. Ciò sul presupposto che non vi era prova della maturazione delle provvigioni in misura superiore né della certa percezione di tale importo nell’ipotesi in cui l’agente non fosse stato costretto a dimettersi.

La Cassazione – pur confermando nel resto la sentenza impugnata – giudica «assolutamente inadeguato» il giudizio prognostico elaborato dalla Corte d’appello sullo specifico punto, fondato su una confusa interpretazione dei principi del risarcimento del danno da lucro cessante e perdita di chance.

Vi è un’obiettiva diversità – ricorda la Corte – tra le due tipologie di danno: la prima si configura come effettiva diminuzione patrimoniale e naturale sviluppo di fatti concretamente accertati, sintomatici di una rilevante probabilità, mentre la seconda come concreta occasione favorevole di conseguire un determinato bene, ancorché non consistente in una mera aspettativa di fatto ma in un’entità patrimoniale a sé stante.

La perdita della provvigione garantita non integra – chiarisce la Cassazione – una mera occasione sfumata alla stregua di una perdita di chance, ma un mancato guadagno (quasi) certo che è conseguenza immediata e diretta del recesso a norma dell’articolo 1223 del codice civile.

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