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Collaborazioni organizzate dal committente:

Con Interpello n. 27 del 2015 il Ministero del Lavoro è intervenuto in tema di collaborazioni organizzate dal committente e nello specifico l’applicazione dell’art. 2, comma 2, lettera a) del D.Lgs. n. 81 del 2015 (contente norme sui contratti di lavoro e mansioni, in attuazione del Jobs Act).

L’Assocontact ha al riguardo avanzato istanza di interpello proprio per conoscere il parere del Ministero, come si è detto, sulla corretta applicazione della normativa di cui sopra. In particolare, ha chiesto di sapere quali siano gli elementi necessari per qualificare l’accordo collettivo previsto dalla disposizione citata come accordo stipulato da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro ha fornito il seguente parere, come si legge nell’Interpello n. 27/2015.

In via preliminare si fa presente che, ai sensi dell’art. 2 sopra citato a decorrere “dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento: a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore (…)”.

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Al riguardo, fermo restando il principio di “libertà sindacale” e le declinazioni che di esso ha dato la giurisprudenza, va osservato che il Legislatore ha inteso in più occasioni collegare determinati effetti giuridici esclusivamente agli accordi collettivi sottoscritti da organizzazioni in possesso del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi, con l’evidente finalità di sollecitarne l’applicazione.

Ciò avviene, a titolo esemplificativo, ai fini della fruizione di “benefici normativi e contributivi”. Ai sensi dell’art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006, infatti, solo l’applicazione di contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, “stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” consentono, unitamente ad altre condizioni di legge, la fruizione dei citati benefici.

In relazione a quanto sopra questo Dicastero ha ritenuto opportuno riepilogare, con proprie circolari del 9 novembre 2010 e del 6 marzo 2012, nonché con circolare n. 13 del 5 giugno 2012, gli indici sintomatici già indicati dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, cui occorre fare riferimento ai fini della verifica comparativa del grado di rappresentatività in questione:

  • numero complessivo dei lavoratori occupati;
  • numero complessivo delle imprese associate;
  • diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali);
  • numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti.

Sul punto, il Giudice amministrativo (cfr. TAR Lazio sent. n. 08865/2014), nel confermare la

legittimità delle indicazioni fornite da questa Amministrazione, ha peraltro evidenziato come

l’avverbio “comparativamente” introduca un elemento di confronto tra i predetti parametri, con la conseguenza che la maggiore rappresentatività delle organizzazioni stipulanti accordi collettivi è desunta da una valutazione comparativa degli indici sintomatici di cui sopra. Le medesime argomentazioni sono state riprese dallo stesso TAR del Lazio, sez Terza Bis, nella sentenza n. 8765/2015 nella parte in cui nuovamente avalla il criterio seguito dal Ministero per l’individuazione in termini comparativi della maggiore rappresentatività basato dunque sui “tradizionali parametri quali il numero delle imprese associate, dei lavoratori occupati, la diffusione territoriale, la partecipazione effettiva alle relazioni industriali”.

Pertanto, in linea con le osservazioni sopra formulate ed in risposta al quesito avanzato, si ritiene che l’esclusione di cui all’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015 operi in relazione alle sole collaborazioni che trovano puntuale disciplina in accordi sottoscritti da associazioni sindacali in possesso del maggior grado di rappresentatività determinata all’esito della valutazione comparativa degli indici summenzionati.

Di converso, l’eventuale applicazione di un diverso contratto collettivo non impedirà l’applicazione dell’art. 2 citato cosicché, a partire dal 2016, ai rapporti di collaborazione “che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” – ancorché disciplinati da un contratto collettivo (evidentemente privo dei requisiti in questione) – si applicherà la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

(Fonte: Ministero del Lavoro)

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