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Staffetta generazionale:

I contratti di solidarietà espansivi previsti dal Jobs Act (D.Lgs. n. 148/2015) consentiranno la cosiddetta staffetta generazionale e cioè da un lato la possibilità per il lavoratore prossimo alla pensione di uscire gradualmente dalla vita lavorativa e dall’altro una possibilità in più per i giovani di trovare impiego.

È questo l’argomento dell’articolo di approfondimento in tema pubblicato oggi (2.10.2015) dal Sole 24 Ore (Firma: Tiziano Treu; Titolo: “Prove di staffetta generazionale”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

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La normativa dei contratti di solidarietà espansivi contenuta nel jobs act (articolo 41 del Dlgs 148/2015) riproduce una disciplina del 1984 (decreto legge 726 di quell’anno), una norma così disattesa da essere caduta nel dimenticatoio. La sua riproposizione è positiva e può avere un significato nuovo, dato che il contesto attuale è così diverso da quello del 1984.

La prima parte dell’articolo 41 stabilisce che, ove accordi aziendali prevedano una riduzione stabile dell’orario di lavoro con riduzione della retribuzione e contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto, un contributo a carico della gestione interventi assistenziali dell’Inps, pari al 15% della retribuzione lorda nel 1° anno e del 10% e 5% per ciascuno dei due anni successivi.

In luogo di questo contributo ai giovani (di età fra i 15 e i 29 anni), assunti a tempo indeterminato, la quota contributiva del datore è dovuta nella stessa misura di quella prevista per gli apprendisti per i primi tre anni e non oltre il 29° anno di età, ferma restando la contribuzione a carico del datore di lavoro per la generalità dei lavoratori.

Queste riduzioni di costo in passato non sono state sufficienti a rendere appetibile l’istituto della solidarietà espansiva, sia perché esso comporta perdite per i lavoratori sia per la condizione prevista dalla norma di una contestuale assunzione di nuovo personale. Oggi la pressione della crisi sulle condizioni aziendali e sull’economia può aver mutato i termini di convenienza anche per le parti sociali, come si è visto dalla crescita dei contratti di solidarietà difensiva.

Certo la riduzione contributiva prevista per la solidarietà espansiva non è competitiva con gli incentivi previsti dalla legge di Stabilità del 2015 per tutte le assunzioni a tempo indeterminato, sino a fine 2015. Resta da vedere se e come saranno prorogati. Se il governo scegliesse di prevedere, come pare, incentivi non più generali, ma mirati ad assunzioni particolarmente meritevoli di sostegno, fra le ipotesi da privilegiare potrebbero rientrare gli accordi di solidarietà espansiva, perché il loro utilizzo permetterebbe una staffetta occupazionale con effetti positivi sulle assunzioni e sul ricambio generazionale.

L’obiettivo indicato dall’articolo 41 di incrementare gli organici con contratti a tempo indeterminato e con un ulteriore favore per l’assunzione di giovani è coerente con la direttiva del Jobs act di sostenere l’occupazione stabile e quella giovanile in particolare. Ed è anche significativa la precisazione che le assunzioni operate secondo questo contratto non devono alterare la proporzione fra manodopera maschile e femminile, salvo che ciò sia previsto dagli accordi collettivi per compensare la carenza di uno o dell’altro genere di lavoratori.

Il comma 5 dello stesso articolo 41, è un altro “remake” che può avere nuova vita. La norma lega questi contratti di solidarietà a una forma di pensionamento anticipato flessibile. Infatti i lavoratori coinvolti in questi contratti aventi un’età inferiore di non più di 24 mesi a quella prevista per la pensione di vecchiaia e provvisti dei requisiti minimi di contribuzione per tale pensione (20 anni), che abbiano accettato di svolgere una prestazione di durata «non superiore» alla metà dell’orario di lavoro in essere, hanno diritto ad avere il trattamento di pensione. In tale periodo di anticipazione la pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo del trattamento retributivo perso a seguito del part time.

Il significato di questo pensionamento flessibile è oggi diverso da quello che aveva nel 1984, quando i requisiti di pensionamento di vecchiaia e di anzianità si perfezionavano ben prima di quanto risulta dalla legge Fornero. La norma può offrire ai lavoratori anziani nuove e concrete possibilità di uscita graduale verso la pensione. I costi dell’operazione per l’Inps dovrebbero essere ridotti, perché lo stesso comma 5 introduce un limite al cumulo di pensione e retribuzione (a dire il vero meno giustificato oggi di allora).

È significativo che la flessibilità di pensione dell’articolo 41 non sia prevista in generale, ma sia legata al part time e collegata ai contratti di solidarietà. Sono due criteri selettivi utili a circoscrivere i costi dell’operazione, che è una preoccupazione ben presente nella discussione attuale sui modi di introdurre una flessibilità, a mio avviso necessaria, nell’età del pensionamento. Inoltre quelli dell’articolo 41 sono criteri funzionalmente “virtuosi”, perché combinano l’anticipo parziale della pensione a una variante di staffetta generazionale.

Una simile formula di pensionamento graduale è stata ritenuta utile anche in altri paesi, per favorire un’uscita più rispondente alle varie esigenze delle persone e insieme per agevolare il ricambio generazionale nelle imprese. C’è da augurarsi che ispiri il nostro legislatore in occasione della prossima legge di stabilità.

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